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Pochi giorni prima del Salone del Libro di Torino dello scorso anno, 2017, all'età di 82 anni, si spegneva lo scrittore argentino Abelardo Castillo. Uno dei più importanti scrittori di "cuentas", racconti; spesso accostato a Roberto Arlt, Julio Cortazar e altri nomi di questo calibo, fu uno dei primi a portare alla consacrazione popolare la letteratura "breve" dei racconti. Autore di oltre 70 cuentas, romanzi, saggi e pièce tratrali, in vita fondò e diresse anche tre riviste di cultura e resistenza politica contro il regime, una delle quali, "El grillo de papel", durato appena 6 numeri a cavallo tra il 1959 e il 1960, a causa dell'oscurantismo del governo che lo fece chiudere perchè troppo schierato a sinistra.

Prima che la lungimirante Del Vecchio traducesse questo "I mondi reali", in Italia era presente solo un romanzo di Castillo, edito da Crocetti nel 2003 "Il Vangelo secondo Van Hutten". Fortunatamente, grazie a questa preziosa casa editrice indipendente, il nome di Castillo è tornato a circolare tra addetti ai lavori e appassionati, e finalmente tutti possono riscoprire uno scrittore immenso e coltissimo.

"I mondi reali" è il titolo che lui diede a tutte le raccolte di racconti che produsse in vita, la sua idea era infatti di pubblicare periodicamente nuovi racconti e racchiuderli sotto lo stesso identificativo, un po' come se fossero gli stessi racconti e che evolvessero, la stessa storia che continuasse con nuovi volti, nuovi personaggi e nuove situazioni. Fu un'idea della amatissima moglie Sylvia, alla quale poi lui dedicò ogni sua uscita con la stessa frase in apertura: "TUTTI I MIEI RACCONTI quelli già scritti e quelli ancora da scrivere appartengono a un solo libro incessante e a una donna A SYLVIA che ha dato a questo libro il nome che porta oggi I MONDI REALI".

Ma cosa sono questi Mondi Reali? Sono storie dense, pagine che racchiudono rabbia, amore, morte, frustrazione, romanticismo, disillusione, allegria, crudeltà, strazio. Pagine che raccontano di vite al limite, personaggi avidi ed egoisti che non pensano ad altro che alla propria ricchezza e alla propria discendenza, uomini annoiati che sfidano il destino compiendo omicidi solo per il gusto di farlo, volti persi nella nebbia di una stazione ferroviaria, pronti a partire con un biglietto trovato per caso senza conoscere la propria destinazione. E ancora uomini dal cuore infranto, persi a rivangare il passato nascosto tra i suppellettili messi in ordine su una libreria, o altri che uccidono per presunta misericordia verso l'assassinato. Ma anche donne, donne derubate della propria esistenza che compiono atti innominabili, donne crudeli, forti, calcolatrici. C'è nei Mondi Reali quello che suggerisce il titolo, appunto tanti mondi reali, uomini e donne reali. Anche se leggere certe cose spaventa quasi a pensare che possano realmente accadere, niente è più reale della tragedia, della malvagità e della spietatezza umana; e Castillo lo sapeva bene ed attraverso questi racconti lo ha espresso in tanti modi diversi ma sempre con grande eleganza di stile e profondità narrativa. Queste pagine regalano al lettore dei momenti di altissima letteratura - e del resto l'autore è stato anche un letterato coltissimo - e stare dietro a tutte le citazioni non è affatto semplice, ma per fortuna vengono in aiuto le note dell'editore a questo scopo.

La mia speranza giunto fino qui, è che queste mie poche righe vi abbiano incuriosito e vi invoglino ad approfondire e ricercare questo autore immenso. Io dal canto mio spero che presto la Del Vecchio possa "importare" e tradurre altre delle sue opere, perché se il livello è questo allora è da leggere senza indugio ogni cosa firmata da Abelardo Castillo. Mi domando infine quanti altri autori poco conosciuti o quasi del tutto sconosciuti in Italia, abbiano un valore così alto nel panorama della letteratura mondiale... Sicuramente troppi ancora... Speriamo di poter rimediare al più presto! Ah, e buone letture 🙂

Ho deciso di buttare giù queste mie impressioni appena terminato il libro di Boris Vian, mentre ancora sono sotto l'influsso dei suoi deliri, per fissare meglio che posso le sensazioni e le emozioni che un lavoro del genere mi ha dato.

Conoscevo Boris Vian come chansonnier, per un suo brano contro la guerra del 1954 "Le déserteur", che ho ascoltato decine di volte su un vecchio CD intitolato "La canzone d'autore francese" che possiedo da oltre 20 anni, quindi l'ho scoperto come scrittore solo successivamente. Ammetto che l'approccio a questo lavoro mi è stato inizialmente ostico; non avevo forse capito cosa avevo tra le mani e mi aspettavo una raccolta di racconti "normali". Ecco, aspettativa peggiore non potevo avere! I racconti qui inclusi sono tutto fuorché normali!

Ambigui personaggi con strane forme di pazzia, animali che parlano (e qui è una cosa perfettamente normale), strumenti musicali che scappano dalle loro custodie, pescatori di francobolli che nuotano nei fiumi, comparse teatrali depresse, gamberi che vendono il proprio sudore, e decine di altri espedienti narrativi che incarnano tutto quello che probabilmente non avete mai letto! Certo, non è facile entrarci in sintonia, e per me infatti l'inizio è stato un po' incerto, come dicevo poco fa; ma una volta capita la chiave di lettura, una volta centrato l'obiettivo di stabilizzarsi sulla stessa lunghezza d'onda di questi affreschi inusuali, in quel preciso momento si viene catturati completamente dalle frasi e dai concetti assurdi che si addensano in queste pagine e il viaggio diventa follemente lucido e chiarissimo. Vero nella sua ingorda follia, concreto nel suo intangibile astrattismo.

Perfettamente inutile ogni altro tipo di descrizione: se queste mie poche parole vi hanno almeno un po' incuriosito, fate vostro questo volume e leggetelo abbandonando ogni preconcetto, dimenticando ogni altro libro che avete letto prima, e siate pronti ad affrontare il delirio. Momenti esilaranti o crudi, senza filtri, solo parole, frasi, che fluttuano intrecciandosi e creando storie incredibili. Certamente il Maggiore sarà lieto di accompagnarvi nel viaggio! Buona lettura!

Continua il mio viaggio attraverso i libri che hanno partecipato quest'anno al Premio Strega, con la terza classificata, Wanda Marasco, e il suo La compagnia delle anime finte, edito da Neri Pozza. E' la storia della famiglia di Vincenzina Umbriello, raccontata dalla figlia Rosa, immaginata per lo più, al capezzale della madre morta. Una vita povera, di sofferenze e privazioni, umiliazioni e rimorsi, vissuta in una Napoli in bianco e nero, nei rioni poveri del primo dopoguerra, tra stretti vicoli, muretti, cantine e terrazze. Dalla nascita alla morte, è la storia di una donna forte e determinata, che vivrà purtroppo una vita ingombra di ombre e tragedie e piuttosto estranea alle soddisfazioni e alle gioie, fin da bambina incontrerà la morte e la malattia come compagne di viaggio e imparerà presto ad essere adulta, grazie alle esperienze e all'amicizia non sempre limpida di Annarella.

La storia della famiglia Umbriello si intreccerà con la ben più agiata famiglia Maiorana quando per caso Vincenzina incontrerà Rafele (Raffaele), l'uomo che diventerà suo marito nonostante le opposizioni della famiglia di lui. Le storie dei componenti delle due famiglie si intrecceranno più volte, verranno narrate singolarmente, a volte quasi come racconti a parte, ma saranno lo sfondo di un unico dipinto generale. Una storia di vita profonda e struggente, con i suoi risvolti neri e le sofferenze tipiche anche del periodo storico e della zona geografica, narrato in maniera sublime da una poetessa, alternando un dialetto napoletano (comprensibilissimo) ad un Italiano con la "I" maiuscola.

Non è mia abitudine fare "spoiler" o approfondire troppo la trama, per il semplice motivo che sono io il primo a non amare certe cose in un libro che vorrei leggere. Ci sono decine di personaggi e di storie qui dentro, storie che fanno male, che raschiano dentro come uno scalpello, inquietudini, malattie fisiche e mentali, disperazione e abbandoni. Cupo e pesante seppure breve, si legge che è un piacere nonostante la complessità di certi passaggi e l'intrico di certe frasi. Un altro libro italiano di grande spessore, alla faccia di chi cerca sempre il più sconosciuto autore straniero...

Non lo consiglio a tutti, ma solo a chi vuole cogliere la struggente normalità di un vivere senza orizzonte.

Ai margini della Città Eterna, a pochi chilometri dal centro di Roma, lungo una parte del Tevere in ombra, marcia, maleodorante, vivono anime appartate, fuori dal tempo e dal mondo, disadattati ed emarginati ai nostri occhi, leggeri e liberi nei loro cuori. La storia che ci racconta Matteo Nucci si svolge qui, sulla chiatta ormeggiata sul fiume romano, che fa da trattoria, l'Anaconda, tra baracche di lamiera, barchette a motore di vecchi anguillari, tra il tubo di una fognatura mai terminata, utilizzata come abitazione, campi rom e prostitute. Una discesa verso il basso, verso l'abisso della disperazione, per riemergere e rinascere a vita nuova. Una storia terribile e tragica quanto verosimile. La storia di un uomo che dalla vita ha avuto il peggio ma che non si è arreso, mai, fino alla fine, fino alla purificatrice transizione passando per le latrine dell'umanità.

Il dottore, così lo chiamano lungo il Tevere, Ippolito Snell, marito e padre, archeologo, collega e amico rispettabile, pezzo a pezzo perde tutto quello che ha di più caro, tentando di tutto per mantenere le cose insieme, per rimediare, ma rendendosi presto conto che è la vita che decide per noi, e che non possiamo fare altro che stare a guardare. Spesso impotenti. Da qui il suo cammino verso una nuova vita e una rinascita che solo alla fine della vicenda troverà, forse, la quadratura del cerchio.

Il libro si articola in tre parti, la prima e l'ultima narrate in terza persona, dove viene per lo più raccontato il presente, la seconda, in prima persona, racconta invece del passato di Ippolito, e rende chiarezza a tutto il resto. La scrittura è puntuale e fludia, anche nei dialoghi, resi spesso più crudi e reali dall'utilizzo di termini forti e colloquiali, e nei monologhi anche interiori di lui e della moglie Anna. Non vi dirò nulla di più, naturalmente, questo è un testo che va letto ed assimilato attraverso le proprie vibrazioni, elaborato, digerito e rigurgitato secondo le emozioni di ciascuno. Un libro che mi ha pesato sullo stomaco per quasi tutta la sua durata, a tratti mi ha fatto sperare che finisse presto, che finisse in fretta tutto quel tormento. Ma che alla fine del viaggio mi ha lasciato una traccia dentro, qualcosa di indelebile che so già rimarrà lì per sempre. Un solco fatto di colori, odori e sensazioni, di un posto che non ho mai visto veramente con gli occhi, ma che ho abitato a fondo con l'anima.

E questo, se permettete, è la grandezza di un libro, di qualsiasi genere si tratti, di qualsiasi autore, periodo storico o altra catalogazione. Se ci resta qualcosa dentro allora vuol dire che l'opera si è compiuta, che quello è un libro giusto, da leggere, conservare e consigliare. Non nego di essermici avvicinato vedendolo tra i 12 finalisti del Premio Strega, benedetto Premio Strega sempre in mezzo a mille polemiche. L'ho seguito sino alla finale facendo il tifo per lui, ma alla fine è arrivato, purtroppo, solo quarto. Non voglio in questa sede commentare la classifica, comunque spero che questa manifestazione così importante serva a dare il giusto risalto a questo titolo e a questo autore.

Io mi fermo qui, come sempre spero di avervi dato un parere chiaro e genuino. Non una recensione, ci tengo a precisarlo, ma il mio personalissimo punto di vista. Grazie Matteo per le emozioni che hai saputo regalarci. Grazie davvero.

E' giusto obbedire alla notte? Per me è stato straziante. Viaggio interiore senza anestesia. E' giusto leggerlo.

 

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Intimista, povero e genuino. Povero non di contenuti ma di orpelli, povero nell'accezione più positiva che possa avere questo termine il più delle volte visto in maniera negativa e triste. Una storia d'altri tempi che però vive ai nostri, il racconto di un'amicizia vera, troppo vera per servirsi sempre di parole e di scuse. Basta il silenzio a volte, lo star vicini, uno sguardo. Un libro che dall'alto dei monti, dalla essenzialità della vita di persone semplici, guarda dall'alto al basso la frenetica città, lo stress e l'ansia dell'uomo moderno, ma non con fare altezzoso o presuntuoso, ma con compassione e tenerezza. Il concetto di semplicità di vita, della felicità di avere poco e con quel poco di vivere bene, è stato espresso, tra gli altri, recentemente da Mauro Corona in molti dei suoi libri, ed io ho sempre apprezzato il suo pensiero che qui ritrovo in un racconto trasversale che mette in luce le differenze di due mondi e dei personaggi che li popolano; differenze che poi sono tali solo per con convenzione, ma che se ben si scava a fondo, si ritrovano in questo caso due uomini molto simili tra loro, due facce della stessa medaglia.

Cognetti è bravo a mettere in evidenza queste similitudini, e dirige con maestria il sentiero che conduce verso il finale inevitabile di una storia che nel corso di 200 pagine ci fa ridere, arrabbiare a volte, piangere, emozionare, ancora ridere e ancora piangere. Un po' come la vita in fondo, da dove la si guardi, da sopra o da sotto.

E' la storia di Bruno e Pietro, i due protagonisti insieme al padre di Pietro, protagonista secondario della vicenda, e della loro amicizia, da bambini fino all'età adulta. Della passione per la montagna, innata in Bruno, imparata e coltivata in Pietro, ragazzo di città che ogni estate si reca con la sua famiglia sui monti. Della loro crescita, della loro vita che li mette alla prova e che li porterà a percorrere strade diverse ma che, inevitabilmente, li farà ricongiungere, sempre allo stesso punto di partenza. Sempre sulle stesse montagne. Un romanzo di formazione che in poche pagine riesce davvero a farci emozionare e soprattutto meditare. Meditare su chi dei due "abbia ragione", in senso metaforico. Se vive meglio l'uomo che è sceso dai monti per cercare la "civiltà" delle grandi città oppure chi sui monti ci è restato e continua a trascorrere una vita il cui tempo è scandito solo dal cambio delle stagioni, dal ciclo della luna e dalla neve che fiocca sulle vette.

Di Cognetti avevo letto il suo più famoso "Sofia si veste sempre di nero" amandolo, e un'altra raccolta di racconti dal titolo "Una cosa piccola che sta per esplodere" amandolo una seconda volta. Qui l'autore si cimenta nella prima prova sulla "lunga distanza", dimostrandosi maturo e capace anche in questo ambito. Il libro è candidato al Premio Strega e, al di là di ogni supposizione sulla candidatura, secondo me se lo merita veramente. Ho incontrato l'autore per un incontro proprio dedicato a questo libro e potete leggere l'articolo e vedere il video a questo link: [Paolo Cognetti presenta "Le otto montagne"]

Superfluo da parte mia ogni ulteriore approfondimento sulla trama, la storia è da leggere e scoprire con i propri sensi. Camminando con Bruno e Pietro sui sentieri di montagna, arrampicando con loro le vette del Monte Rosa, mungendo vacche o riparando il tetto di un rifugio sperduto sopra i 2000. Al loro fianco, scoprendo le loro vite e i loro destini. Fate quest'esperienza, non ve ne pentirete.

Alla prossima e buone letture!

Ho comprato questo libro per curiosità. Ero al Salone del Libro dello scorso anno (2016) e stavo esaminando i titoli "Beat", collana economica della Neri Pozza, che erano in offerta al 20%. Ricordo di averne scelti un paio e di avere ricevuto anche i complimenti della ragazza dello stand per la scelta. Uno di questi era proprio il libro di cui vi voglio parlare. Mi ha attirato la bellissima copertina e poi anche l'autore: non ho mai letto niente di autori Indiani, quindi era per me una scoperta, una novità. Certo, il libro non era proprio mingherlino, e infatti ne ho rimandato la lettura per diversi mesi, ma quando mi sono deciso ad affrontare le sue 640 pagine, mi sono accorto che scorrevano via lisce come l'olio!

La vicenda attraversa oltre 100 anni di storia, dalla fine del 1800 alla fine del 1900 circa, passando per due guerre mondiali, la fine di una monarchia, quella di Birmania, e l'esilio dei suoi reali per mano dei colonizzatori inglesi, e riguarda perlopiù le vicende di una famiglia, o meglio di una persona e di tutte le persone, familiari e non, che gli ruotano intorno durante la sua vita. Rajkumar, giovane garzone indiano impiegato a bordo di un sampan (una sorta di chiatta che trasporta e commercia materiale vario attraverso i fiumi di India e Birmania), sbarca durante una sosta per una riparazione del sampan e si spinge all'interno nella città di Mandalay, capitale del regno di Birmania e sede del palazzo reale, chiamato dal popolo "Palazzo degli specchi" per via degli specchi posti sui soffitti e le pareti rivestite di cristalli lucenti. Trova lavoro come garzone in un piccolo chiosco dove i locali si fermano a mangiare qualcosa in strada. E' proprio il periodo della colonizzazione della Birmania da parte dell'esercito Inglese. Da qui in avanti ha vita una delle più straordinarie avventure che ho potuto leggere negli ultimi tempi.

Una storia di amore, passione, tragedia, rivolta, guerra, amicizia, fratellanza, dovere, gloria e morte. Tutto. Leggendo questo libro ho imparato a conoscere un angolo di mondo che conoscevo solo superficialmente, a conoscerne la storia, la geografia e le usanze. Ghosh riesce a cesellare in maniera perfetta un intricato arabesco di colori, profumi, sensazioni, che attraversa appunto un intero secolo, mettendo il lettore in condizione di percepire un mondo a lui lontano e quasi sconosciuto, come nel mio caso, in maniera chiara e del tutto naturale. Rajkumar è solo il fulcro che serve per dare il la alla storia, ma la storia vive di vita propria e ben presto vi accorgerete che non esiste un vero protagonista, ma tutti hanno lo spazio che si meritano. Incontrerete personaggi di tutti i ceti sociali, dai più poveri lavoranti delle piantagioni di caucciù, ai più abbienti mercanti, dalle donne di corte alla famiglia reale, dai diplomatici ai militari indiani e inglesi. Se avete poca memoria quando si tratta di dover "gestire" molti personaggi (come nel caso di "Cent'anni di solitudine" di Garcia Marquez, tanto per capirci), allora vi consiglio di leggere il libro e nel frattempo annotarvi su un foglio i vari nomi e parentele, altrimenti arriverete alla fine un po' confusi su chi è parente di chi e come. Ma è solo un piccolo dettaglio, potete godervi la storia anche senza prendere appunti.

Un libro che non si dimentica, una storia che resta in mente e sono certo resterà anche nel tempo. Una lettura che consiglio a chi ama le storie familiari e i romanzi storici allo stesso tempo, perché qui si racconta davvero la storia di una nazione e del suo periodo storico più delicato forse. Ghosh da una prova di bravura invidiabile, non per altro è considerato uno dei più grandi scrittori indiani, e, per la cronaca, mi sono già procurato un altro suo titolo 😉

Buona lettura a tutti!

saramago_cecitaIniziare a leggere Saramago era un'idea che avevo da mesi. Ma con cosa? Questa domanda mi ha tormentato per giorni. Sono stato in libreria e ho preso in mano più volte diversi suoi libri, ma poi, ascoltando anche il parere di altri bloggers o youbookers, ho optato per Cecità, uno dei suoi libri più acclamati. Premio Nobel per la letteratura nel 1998, lo scrittore portoghese ha pubblicato questo suo capolavoro nel 1995, e nel 2008 ho scoperto ne sia uscito anche un film, mai arrivato, ahimè, nelle sale italiane. Lo recupererò in inglese perchè sono davvero curioso di vederlo! Ma bando alle ciance e parliamo invece del libro perchè merita davvero tutta la nostra attenzione.

In un luogo e in un tempo non definiti, tutta la popolazione viene colpita da un'epidemia devastante. Tutti diventano ciechi. Ma non di una cecità dove si vede tutto nero, bensì tutto bianco, infatti nel libro viene detta anche "il mal bianco". Un muro di latte che non permette di vedere nulla, nemmeno le ombre. Uno dopo l'altro, dal primo automobilista fermo al semaforo, che all'improvviso si ritrova completamente cieco, all'ottico che lo visiterà poco dopo e via via tutti gli altri. Un crescendo angosciante e drammatico raccontato con estrema maestria e lucidità.

Provate a immaginare cosa potrebbe capitare se davvero tutte le persone del mondo diventassero completamente ciechè. Smetterebbe di funzionare ogni cosa, compresa l'acqua e la corrente perchè non ci sarebbe più nessuno in grado di erogare i servizi. Ci sarebbe il caos totale. Il cibo andrebbe in esaurimento. Le epidemie e le malattie mortali prolifererebbero libere e incontrastate. In questo libro devastante viene raccontata la storia di un gruppo di questi sventurati. Poche persone di cui vengono narrate le vite, tragicamente stravolte da questa catastrofe. Nessuna di queste persone viene dotata di un nome, non serve ai fini della storia. Sono il primo cieco, la moglie del primo cieco, il dottore, la moglie del dottore, il vecchio con la benda, la ragazza con gli occhiali neri e il ragazzino. Le prime decine di persone colpite vengono messe in quarantena in un ex-manicomio, per scongiurare un contagio, controllate a vista da militari armati, ma piano piano l'epidemia prende tutti, senza distinzione di razza, sesso o ceto sociale. L'istinto primordiale di sopravvivenza e sopraffazione dell'uomo viene fuori in una situazione dove sarebbe difficile agire diversamente. L'uomo torna ad essere una bestia pronta a tutto pur di sopravvivere a scapito degli altri. Allora bisogna organizzarsi, trovare il modo di andare avanti lo stesso, trovare acqua, cibo, un posto in cui stare.

Saramago disegna un affresco verosimile che ci porterà a meditare molto a lungo sulla nostra umana situazione. Un libro denso, ricco di momenti emozionanti. Triste, disincantato, fatale. Leggerlo è davvero un'esperienza che segna, almeno per il sottoscritto è stato così. Non voglio aggiungere altro, anche perchè questo è un libro che va sicuramente letto per poterlo comprendere, non bastano le parole di uno qualsiasi che lo descrive, vi dico solo che ho, volutamente, omesso un dettaglio molto importante ai fini del libro ma che non voglio svelare perchè preferisco così e credo sia meglio non saperlo dal principio. Del resto io quando l'ho letto non lo sapevo, quindi vi metto nella mia stessa situazione. E poi ora vi ho incuriosito di più, vero? 🙂 Io mi fermo qui, se lo leggete, o lo avete già fatto, ditemi cosa ne pensate, sono davvero curioso di saperlo! Il mio consiglio credo sia scontato!

Un saluto

Il-cardellinoHo letto questo ultimo romanzo di Donna Tartt ormai da un paio di mesi ma solo ora ho trovato il tempo di raccogliere le idee e mettere giù un mio pensiero a riguardo. Mi avevano regalato questo tomo di 900 pagine a Luglio, ma solo verso fine anno ho trovato il coraggio per iniziarlo! E con il senno di poi mi pento di non averlo letto prima, perchè si è rivelato uno dei più bei romanzi che abbia mai letto e soprattutto tra i top dell'anno appena trascorso. Vincitore del premio Pulizer 2014, Il Cardellino ha catturato la mia attenzione non solo per questo, ma anche dopo aver letto e sentito parecchi commenti positivi e recensioni direttamente sul web, su articoli o video di youtubers amanti della lettura come me.

E allora cos'è Il Cardellino? E' la storia della vita di Theodor Decker, o meglio di parte della sua vita, dai 13 ai 22 anni circa; una vita travagliata, avventurosa, densa di avvenimenti, sia tragici, che surreali, che comici; attraverso gli Stati Uniti, da New York, dove è nato e vissuto fino ai 13 anni, a Las Vegas dove vivrà con il padre dopo la tragica morte della madre, al ritorno a New York, sulle tracce del suo passato, per cercare e ritrovare gli occhi che l'avevano fatto innamorare, per ritrovare l'uomo che l'ha "salvato" e gli ha insegnato la vita. Ma cosa ritroverà? In quale altra storia incredibile finirà per essere catapultato? Theo vive una vita ai limiti della legalità, anzi, spesso li oltrepassa, ma resta un personaggio che è impossibile detestare, anzi. I suoi sentimenti, il suo profondo, messi a nudo già dalle prima pagine, restano aperti alla portata dei nostri occhi per tutto il libro; possiamo in ogni momento vedere attraverso i suoi e sapere quello che Theo sta provando e vedendo. Il modo in cui la Tartt ci racconta questo personaggio è davvero indimenticabile. Così come Hobie, Boris, Pippa e tutti gli altri personaggi che a turno compaiono tra le pagine di questa incredibile storia e intersecano la loro esistenza con quella di Theo. Donna Tartt ne dipinge, come Fabritius fece con il suo Cardellino nel '600, un dipinto intenso e dettagliato, dove proprio il dipinto del maestro fiammingo ne da il titolo e insieme a Theo è parte integrante del racconto.

Non voglio nemmeno accennare a quello che accadrà, primo perchè non voglio fare nessuna anticipazione (spoiler), e secondo perchè non sarebbe significativo. Occorre leggere tutto e assimilare poco alla volta il senso di questa avventura, perchè di una grande avventura si tratta. Ammetto che mentre ne leggevo l'inizio (diciamo le prime 200 pagine), non capivo bene dove volesse andare a parare, e in certi punti l'ho trovato "lento", ma credetemi che ne è valsa la pena! E' come un motore diesel, che parte con uno scoppio, poi si adagia e piano piano riprende fino ad un finale roboante e travolgente. La vita di Theo Decker, che in 900 pagine imparerete ad amare e a considerare quasi come un vostro amico intimo, vi terrà incollati alla pagina e non ne potrete più fare a meno! E non spaventatevi dalla mole di questo tomo perchè scorre che è un piacere!

Uno dei più bei libri di narrativa contemporanea che abbia mai letto e sicuramente tra i migliori 5 dello scorso anno. Lo consiglio a chi ha la passione della lettura, chi in un buon libro cerca una storia avvincente ma commovente, a chi cerca l'amore ma anche l'avventura, a chi vuole una storia profonda ma spensierata. Qui c'è tragedia, amore, amicizia, ironia, psicologia, violenza. Qui c'è tutto, c'è la vita. Bellissimo libro, ragazzi e ragazze leggetelo e non vi deluderà! E se lo avete letto fatemi sapere quello che ne pensate qui sotto nei commenti!

Alla prossima!

Norwegian_Wood«Per quanto una situazione sia disperata, c'è sempre una possibilità di soluzione. Quando tutto attorno è buio non c'è altro da fare che aspettare tranquilli che gli occhi si abituino all'oscurità.»

Benvenuti in Norwegian Wood, benvenuti in una storia di vita, di amore, di morte, benvenuti in una realtà davvero reale, una realtà comune, con storie comuni e sentimenti universali come l'amicizia, l'amore, il piacere, la solitudine, la depressione, l'angoscia e, appunto, la morte.

Ho iniziato a leggere Murakami da qui, non avevo ancora letto nulla dell'autore ed ho voluto inziare da un'opera differente. Ho letto infatti in giro che questa è la sua opera più realista, in cui ha voluto distanziarsi dalle solite sue trame fantasiose e quasi fiabesche, per sbattere il muso sulla realtà. Fredda, nevosa e brutale realtà. Watanabe è il nostro uomo, il protagonista di questa storia. Naoko, Kizuki, Midori, Reiko, Nagasawa e Hatsumi i personaggi che gli ruotano intorno e che, nel bene e nel male, nella vita e nella morte, costituiscono il mondo di Watanabe.

Studente universitario di 19 anni alle prese con una vita sentimentale un po' burrascosa, Watanabe ha come migliore amico Kizuki che a sua volta è fidanzato con Naoko. La storia comincia dalla fine, da un giorno di 17 anni dopo le vicende qui narrate, sempre viste da Watanabe. Non posso dire molto perchè gli avvenimenti sono tanti, densi e tutti cause che portano a degli effetti, e sapete ormai che non è il mio intento fare spoiler. Il viaggio interiore di Watanabe sarà turbato dalla presenza di due donne che entrambe, in maniera differente, lo attrarranno e lo sconvolgeranno. Un ragazzo tranquillo il quale mondo verrà stravolto più di una volta in pochi mesi e si troverà di fronte a problemi esistenziali più grandi di lui che lo porteranno a prendere delle decisioni, talvolta obbligate, e a vivere delle esperienze forti, fino all'ultima pagina. Saranno tanti i passaggi emozionanti che magari vi faranno tornare alla mente delle vostre esperienze passate, perchè in fondo questo Watanabe è un ragazzo come tanti che vive, soffre, piange, ride e soprattutto ama come tanti. Questo almeno è quanto ha dato a me la lettura di queste pagine. Una vita che potrebbe essere la vita di qualsiasi ragazzo di 19 anni oggi come vent'anni fa o tra cent'anni, chissà. Una vita vera, soprattutto vera. Non ci troverete falsi moralismi, non fanno parte di questa vita. Ma troverete invece tutte le indecisioni e le debolezze di un ragazzo di quell'età, coinvolto emotivamente in storie d'amore o solo di sesso, avventure di vita vissuta, assaggiata goccia dopo goccia e infine respirata sulla propria pelle.

Norwegian Wood è anche una canzone dei Beatles, ed il titolo di questo libro viene preso, come scoprirete, proprio da li. Non vi svelo altro. Fate voi. A me è piaciuto molto, la storia mi ha intrappolato e mi ha spesso portato a fare "il tifo" affinchè accadesse un'evento piuttosto che un altro. Se non conoscete l'autore come non lo conoscevo io, credo che questo sia senz'altro un ottimo modo di iniziare a leggere la sua opera. Fatemi sapere se invece già lo avete letto e che cosa ne pensate nei commenti qui sotto!

Un saluto e alla prossima!

71FIv96YVWL._SL1500_Innanzitutto chiedo scusa se non mi sono fatto "sentire" per quasi un mese! E' stato un mese pieno e non ho avuto molto tempo da dedicare al blog, ma non è stato un mese privo di letture, quindi a breve aggiornerò con altri articoli! Nel frattempo ecco la mia disquisizione su 1984.

Posso io fare una recensione di questo libro? Ma assolutamente no! Non mi permetterei mai di farlo. Prima di tutto per rispetto verso l'autore, e secondo perché non ne ho le competenze necessarie. Tuttavia l'ho letto e posso dire quali sono le mie personalissime impressioni su questo classico della letteratura distopica ma più in generale classico (moderno) della letteratura mondiale.

Inizio col dire che le mie aspettative erano altissime. Ho sentito parlare di questo libro da decine di persone, sia su internet che anche nella vita vera (anche mia sorella ultimamente l'ha incensato senza riserve), quindi beh, cosa potevo aspettarmi? Il top, uno dei migliori libri che avrei mai potuto leggere in vita mia. Ecco, forse ho sbagliato a partire in questo modo, perché il libro, seppur io l'abbia trovato di grandissimo livello, non mi ha pienamente convinto. Ripeto, non fraintendete le mie parole e non datemi del pazzo, ma ritengo ci sia qualcosa di "mancante", non so, forse qualche tassello, o forse sono io che non sono riuscito a cogliere, tuttavia nel finale (di cui non posso parlare apertamente per non rovinare le altrui future letture), mi aspettavo differenti eventi. Forse questo è positivo perché significa che è un libro per niente scontato. Questo si, senz'altro lo è, ma... L'amaro in bocca mi è rimasto...

Poi vabbè, è scritto in maniera sublime da un maestro indiscusso, ci sono frasi magnifiche cesellate con una maestria e talvolta con una precisione quasi chirurgica. Una in particolare me la sono segnata, perché la trovo calzante con la realtà attuale, e la voglio riportare qui sul blog ed è questa:

"Noi siamo impegnati in un gioco che non possiamo vincere. Alcuni fallimenti sono migliori di altri, questo è tutto"

Emblematica, significativa e tristemente vera. Nel libro come nella vita vera. Insomma, questa è solo una, poi ce ne sono davvero tante e in generale è scritto davvero molto bene. Ma questo non sono io a dovervelo dire!

Di cosa parla il libro? Beh, nel caso qualcuno non lo sapesse si tratta del libro da cui è nata l'idea del Grande Fratello (mi dispiaccio di parlare di queste cose sul mio blog, ma lo faccio solo in relazione a questo libro). In pratica in questo mondo distopico esistono solo 3 enormi nazioni che hanno inglobato tutte le altre nazioni del mondo; l'Oceania, l'Eurasia e l'Estasia. Il libro racconta delle vicende di Winston Smith e di Julia, due personaggi che vivono in Oceania e che sognano un mondo migliore, libero e aperto. E per questo lottano contro il Partito. Scoprirete già dalle prime pagine che si vive in un clima del tutto dittatoriale, dove le persone non sono libere di fare nulla e dove anzi vengono istruite per ricordare solo gli avvenimenti che interessano al Partito, cancellando in senso non metaforico tutto ciò che riporta notizie fuorvianti e comunque non in linea con l'attuale pensiero del Partito. Le persone sono controllate durante la vita pubblica, al lavoro ma anche nella vita privata, in casa, dove sono installati dei teleschermi che proiettano ma allo stesso tempo riprendono come fossero delle telecamere di sorveglianza. Insomma, un mondo poco carino in cui vivere!

Winston e Julia si conosceranno nel corso degli eventi e sogneranno la loro utopia. Non vi dico niente perché non vi voglio togliere nessun "colpo di scena", ma vi assicuro che ce ne sono... Gli eventi si susseguono con ritmo incalzante, l'ansia e la cupezza che deriva dalle descrizioni di questo mondo sono sempre più soffocanti, pagina dopo pagina. Vi accorgerete voi stessi di quanto sia deviato e malsano il governo che "guida" la nazione. Vi ritroverete immersi in una realtà fumosa e illusoria dove chi comanda fa vedere solo quello che vuole e cancella dalle menti e dalla storia tutto ciò che potrebbe nuocerle.

Vabbè, come ho detto in apertura non mi posso permettere di recensire questo libro, è troppo al di sopra delle mie possibilità. Ho solo voluto dare un'idea di quello che parla a chi non dovesse ancora saperlo. Un libro, secondo il mio piccolo e modesto punto di vista, da 4 stelle su 5, perchè, almeno a me, ha lasciato un po' di amaro in bocca... Ma a giudicare da quello che sento in giro io faccio parte della minoranza, infatti sono molte di più le persone che hanno amato incondizionatamente tutto il libro dandogli 5 stelle su 5! Il mondo è bello perchè è vario 😀

In ogni caso è un libro da leggere, ve lo consiglio caldamente. Sia che amiate storie di questo tipo sia che non ne abbiate mai lette, leggendo 1984 leggerete un pezzo della storia che diventa ogni anno più importante e sempre più ispiratore di altre nuove letterature.

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